domenica 1 luglio 2007

L'Impero Meccanico di Babilonia

L'Impero Meccanico di Babilonia:

Nato dalle ceneri dell'Impero Ottomano, l'Impero Meccanico di Babilonia vide la sua nascita nei secoli centrali del 1800. Oscuri poteri e incredibili portenti giacevano dimenticati nelle rovine sotto la sabbia e negli immensi e spospolati deserti dell'Arabia, terra dove nessuno osa mettere piede. Un uomo sorse, e proprio da quelle conoscenze proibite da cui venne la rovina dell'Impero Ottomano (vedi Appendice II de "Hora's Oracle Of Metallic Terror") giunse la luce che illuminò i deserti.

Questa luce che piove senza ombre e del tutto uniforme come luce di neon è la luce dalla scienza, la luce delle macchine: già sul finire dell'800 nell'Impero macchine mai viste vomitavano vapore e fuoco, giganti di metallo camminavano tra le dune, e tecnologie insospettabili facevano fiorire il deserto. Altre macchine più oscure venivano scavate sotto la città di Babilonia, e quando essa venne distrutta dall'Orrore che scaturì da una profonda e sigillata camera sotterranea, sigillata quando nessun uomo aveva ancora camminato sulla terra, essa venne ricostruita di metallo, un'immane ziqurrat di ferro: le macchine che nessuno sapeva adoperare furono tenute da parte dagli zeloti sacerdoti meccanici, fino al giorno in cui fosse stato possibile ritrovare quell'antica energia che le fece funzionare un giorno.

Babilonia divenne sempre più alta, perché coloro che avevano il potere volevano allontanarsi dal frastuono delle macchine: ma chi non poteva fuggire, rimase seppellito sotto tonnellate di acciaio, e il sole non raggiunse più i quartieri della gente comune; soltanto l'energia elettrica rischiara fiocamente le strade di ferro arruginito, dove si agitano lutulenti i fumi delle macchine. Perché la luce di Babilonia non è una luce democratica: essa arriva dovunque, ma soltanto come l'occhio inquisitore della polizia, o dei sacerdoti. I Giardini Babilonesi si estendono dove prima era solo il deserto, strade di ferro che la sabbia non copre collegano città che sono fari di metallo, luce nella notte, indefessa attività di macchine che soddisfano i più sfrenati desideri in un attimo si impulso elettrico e di movimento di pistone, ma solo pochi hanno accesso a tutto questo.

La maggior parte della gente vive come può, mangiando le briciole di limatura di ferro che cadono dalle tavole imbandite, e cose veramente strane accadono nei sobborghi delle città di Babilonia: nuove forme di vita vedono una luce buia, uomini di carne che si incrociano col metallo. Sono solo patetiche imitazioni, frutto di tecnologie clandestine, di quello che può l'Ingegnere e il Sacerdote meccanico: restituire la vita in metallo, sostituire i corpi di carne, deboli, con eterni di acciaio. Così per secoli vive l'Imperatore, dormendo il suo sonno di morte, e sognando sogni impossibili, per secoli vive il suo Grande Sacerdote, depositario delle chiavi con cui aprirà la Nuova Era.

Tuttavia l'ossessione per le macchine di Babilonia non le impedisce di comprendere il fulcro del Vero Potere: anzi, molte delle macchine più incredibili, custodite nel palazzo imperiale o nei principali Templi del Domani situati in ogni città maggiore, non traggono la loro energia dal sole o dall'energia elettrica, ma dai Sogni. Così si realizza il miracolo da sempre prospettato dai sacerdoti, imbrigliare il potere dei Sette Serpenti grazie a macchine di scuro metallo.

Dall'Impero giungono ogni sorta di prodotti, e non esiste altro paese più avanzato tecnologicamente: egli brama espandersi verso la Russia a nord, e togliere il dominio del Mediterraneo alla Repubblica Socialdemocratica: ma i nazisti rispondono alle macchine babilonesi con il dio che li guida, Wotan, e le loro armi basate sull'ingegneria genetica magica, e i Russi con la loro fede, e le innumerevoli armate della sterminata Asia.

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