lunedì 3 dicembre 2007

Myiazaki: i lavori animati - Il mio vicino Totoro

Questo è un'altro dei caposaldi dell'animazione di Myiazaki che non è mai arrivato in Italia. L'effetto che mi fece la prima volta che lo vidi fu di chiedermi: "Come ho fatto fino adesso senza Totoro?". Se avrete la possibilità di vederlo non esitate neanche un attimo, perchè vale veramente la pena...

Ma passiamo alla trama.

Sono gli anni '50, e la storia incomincia con la scena dell'arrivo nella nuova casa in campagna della famiglia Kusakabe, composta dal padre antropologo e le due figlie Satsuki (11) e Mei (4); la madre è molto malata, ed è ricoverata presso un sanatorio vicino alla nuova casa, proprio per consentirle una più pronta guarigione in un ambiente più salutare e rilassato (trasparente il riferimento alla famiglia di Miyazaki).

La nuova casa appare per la verità un pò decrepita, come hanno subito modo di scoprire le due sorelle quando si fiondano dal furgoncino del padre e cominciano ad esplorare la casa come due forsennate, ma questo sembra invece divertirle molto; un gigantesco albero di canforo domina l'intero paesaggio. In realtà si tratta di un albero sacro, dove risiederebbe il kami della regione.

Le due sorelle Kusakabe hanno subito un primo incontro con strani esseri: andando ad aprire la porta sul retro hanno la fugace visione di un nugulo di pelosi esseri fioccosi, tutti neri, che scompaiono nel nulla; secondo il padre si tratterebbe dei mako-kuro (nero come la pece) kurosuke (``signor nero''), esseri che abitano i luoghi bui e che scompaiono alla luce del sole, e ipotizza che sia un effetto dovuto all'avere gli occhi pieni di punti neri passando dal buio a una forte luce.

Le sorelle passano ai piani superiori, esaltate dall'idea di vedere di nuovo quelle creature, e anche là, in soffitta ecco i mako-kuro kurosuke! Stasuki grida giù dalla finestra che la casa è infestata, e il padre risponde che ha sempre desiderato vivere in una casa infestata. Mei riesce addirittura a catturare uno degli esserini neri, ma quando tutta eccitata corre a mostrarlo al padre, scopre di avere le mani vuote, sporche di polvere nera.

La vecchia signora che è venuta a trovarli, la loro affittuaria, spiega a Mei che si tratta sì di spiriti, come speravano le sorelle, ma che sono innocui, e che abitano le vecchie case disabitate: ora che ci sono degli esseri umani in giro, probabilmente se ne andranno via col favore delle tenebre.

La signora offre il suo aiuto perché la famigliola possa sistemarsi; suo nipote Kanta arriva portando un cesto pieno di cose buone da mangiare, ma non aspettandosi di trovare una ragazza della sua età (e anche carina), scappa subito gridando che la loro è una casa infestata.

E durante la notte, dentro a un subitaneo vento impetuoso che spazza la casa, i mako-kuro kurosuke volano via dentro l'albero di canforo...

Il giorno dopo la famiglia va a trovare la madre, che sembra entusiasta anche lei di avere la possibilità di andare ad abitare in una casa infestata; secondo il padre sembra migliorata, e forse potrà riunirsi alla famiglia presto. Durante i giorni seguenti Satsuki va a scuola, e si fa nuove amiche, mentre Mei rimane a casa, spesso praticamente da sola, visto che il padre è tutto assorto nei suoi studi. Un giorno Mei, giocando in giardino, vede una strana cosa luccicante, ovvero un chibi (``piccolo'') Totoro, uno strano animaletto a metà tra un ghiro e un orsacchiotto, con due orecchie lunghe e puntute, che cammina eretto sulle zampe posteriori, intento a trasportate un qualche strano oggetto. Mei lo insegue subito per acchiapparlo, e finisce per trovare dentro agli intricati cunicoli vegetali intorno al canforo, e infine, infilandosi in un buco nell'albero, finisce su di una grossa cosa pelosa. Si tratta del vero Totoro, identico a quelli piccoli, ma alto almeno tre metri, con dento come scalpelli e unghie come benne di un escavatore, intento a farsi una profonda quanto inamovibile dormita...

Quando Satsuki torna da scuola scopre che suo padre non ha la minima idea di dove sia Mei; la trovano che dorme dentro al groviglio di piante, e subito si alza e chiede dove sia Totoro. Ma, pur infilandosi subito nei tunneli di piante e cercando la strada fatta in precedenza, non le riesce di ritrovare la tana di Totoro. Molto eccitata per questa storia, Satsuki scrive nella lettera alla mamma della vicenda e spera di poter incontrare anche lei questo fantomatico spirito.

Il giorno dopo il padre deve andare all'università; Mei dovrebbe stare con la nonnina vicina di casa, ma Satsuki se la ritrova in classe. Tornando a casa sono sorprese senza ombrello da un violento acquazzone, e vengono salvate dall'intervento del riottoso Kanta, che offre alle ragazze il suo ombrello e fugge nella pioggia. Una volta tornate a casa le sorelle attendono fino a tardi il ritorno del padre, ma non vedendolo arrivare decidono di andargli incontro alla fermata dell'autobus. Ora, tale fermata si trova in un tratto di boscaglia cupo, buio e abbastanza spaventoso, e le ragazze rimangono là sotto la pioggia al buo per un pezzo. Mei si addormenta letteralmente in piedi, e Satsuki la prende sulla sua schiena sotto l'ombrello. Improvvisamente però c'è qualcun altro vicino a loro che aspetta l'autobus... è Totoro in persona! Satsuki rimane là impalata senza sapere che cosa fare. Vedendo però che Totoro si sta prendendo tutta l'acqua in testa, decide di offrirgli l'ombrello di suo padre, che Totoro accetta di buon grado, anche se non capisce bene a che cosa serva. D'un tratto arrivano le luci dell'autobus, ma non è quello del padre delle ragazze, è un incredibile gatto-bus vivente con diciotto zampe e gli occhi come fari, che si ferma per far salire Totoro, il quale prima di andarsene regala un pacchetto misterioso alle sorelle come ringraziamento per l'ombrello.

Quando finalmente compare anche l'autobus del padre, le sorelle non hanno più né sonno né paura, e sono del tutto esaltate per l'incontro inatteso, tanto che il padre non riesce neppure a parlare.

Nel pacchetto ci sono alcuni semi, che Mei pianta e tenta di far crescere con scarsi esiti. Ma una notte le sorelle sono svegliate da strani suoni, e scoprono Totoro in giardino che esegue una strana danza sulle loro piantine. Le ragazze si uniscono alla cosa e le piante crescono e crescono, fino a diventare un albero gigantesco; poi Totoro fa partire una trottola immensa e vi monta sopra, e le ragazze si aggrappano al kami, e volano tutti via a dorso di trottola per una fantastica notte di magia.

Il giorno dopo le ragazze si svegliano, ma l'albero immane non c'è più: però le piantine sono effettivamente sbocciate, e rimane loro il desiderio di sapere se hanno sognato oppure no. Nel frattempo pare che la madre possa uscire dall'ospedale e andare a casa per il week end, e le ragazze sono molto contente; purtroppo però arriva un altro telegramma dall'ospedale, che dice di richiamare subito. Satsuki chiama il padre all'università, e ne viene fuori che la madre ha avuto una ricaduta e che non potrà uscire. Le sorelle sono depresse e molto preoccupate, e arrivano a litigare. Mei, invece di andarsene a casa, decide di andare da sua madre, e naturalmente si perde.

Quando Satsuki realizza che Mei è scomparsa, capisce che è successo qualcosa, e la cerca correndo di qua e di là come una pazza, ma nemmeno con l'aiuto di Kanta riesce a trovarla. Alla fine disperata và nella tana di Totoro, lo sveglia con foga e lo implora di aiutarla a trovare la sorella dispersa. Totoro la porta in cima al canforo e chiama il neko("gatto")bus. Il neko-bus arriva il un baleno e il cartello con la scritta della destinazione sulla fronte cambia in ``Mei''. Grazie al neko-bus che corre e vola a una velocità impossibile Satsuki riesce finalmente a trovare la sorella, e con lei decidono di andare dalla mamma. Il cartello del neko-bus cambia in ``Ospedale Shichikokuyama'', e una volta giunte trovano che là c'è già il padre, e che non era nulla di grave.

Sedute sull'albero fuori della finestra della mamma con il neko-bus le ragazze non viste assistono alla scena; e poi il padre di accorge che c'è qualcosa fuori della finestra. E' una pannocchia con su scritto: ``Per la mamma''...

Myiazaki: i lavori animati - Kurenai no Buta

Per questo lungometraggio ambientato in Italia durante l'era fascista esiste un prototipo a fumetti, all'interno della serie di sketches intitolata ``Zassou Notes'' pubblicata su di una rivista di modellismo.

Rispetto al manga, di poche pagine, la storie è naturalmente molto più articolata; Porco Rosso è un aviatore solitario, che a bordo del suo idrovolante rosso fuoco (un Savoia S-2) và a caccia dei pirati dell'aria nel Mediterraneo, e contemporaneamente si tiene ben lontano dalle mire interessate dell'aviazione fascista.

Porco è un personaggio molto affascinante, dal passato misterioso, e nessuna donna pare resistergli: i pirati non hanno nessuna possibilità contro di lui, specie pirati come possono essere quelli di Miyazaki, la terribile banda dei ``Manma Aiutto''; ah, dimenticavo, Porco Rosso, come forse il nome potrebbe suggerire, è un maiale!

Siccome la fama di Porco è rinomata in tutti i mari, non mancano ovviamente gli invidiosi e gli sfidanti, nella fattispecie un pilota americano di nome Donald Curtis, che prima si fa un nome sconfiggendo senza problemi alcuni pirati dell'aria, tra cui i già citati ``Manma Aiutto'' poi, spinto anche dalla rivalità con Porco per l'amore della bella Gina (cantate all'Adriano Bar), decide di sfidarlo a un duello aereo.

Purtroppo il nostro eroe, a causa soprattutto del suo aereo che ne ha viste di tutti i colori, è costretto a cedere al borioso sfidante il dominio del cielo. A questo punto a Marco, il vero nome di Porco, non resta che procurarsi un nuovo aereo, e per farlo c'è solo un posto dove può andare, a Milano, alla Piccolo S.P.A., ditta produtricce di aerei. Qui incontra la giovane Fio, la tipica eroina miyazakiana, e potrebbero succederne delle belle...

Una curiosità: il protagonista si chiama Marco, proprio come Marco Pagot (l'autore di Calimero), amico di Miyazaki e che in questo modo voleva prendere un pò in giro... tuttavia il Pagot ebbe a spaventarsi per questa cosa, visto che il titolo del film, ``Porco Rosso'', gli diede adito a pensare che si trattasse di qualcosa di non proprio ``politicamente corretto''.