lunedì 2 dicembre 2013

Progetti. Il vuoto? Il futuro del fantasy.

Vorrei scrivere un'ambientazione (per un libro), diversa dal solito. Ascoltate queste mie vuote riflessioni.

AMBIENTAZIONE


Prendo spunto da Borges (e in questo, mi attiro la sua “ironia”; già lui aveva “profetizzato” di scrittori che “non sanno rinunciare a essere geni” che cadono nella trappola di scritti di altri “non finiti, o finiti male, insoddisfacenti” e credono di essersi “inventati la storia”, ovvero scrivono altri finali o racconti derivati di quelle originali), nella fattispecie, il racconto su “Tlon” (presente nella raccolta “Finzioni”, come proposta dalla Einaudi).

I caratteri principali:
  • non solo fisiologia (geomorfologia ecc) diverse, ma anche il pensiero... su Tlon sono idealisti (non vi è la possibilità di un nostro pensiero scientifico...) le cose esistono per concetti “ideali”, non viene avvertito il concetto di causa-effetto...
  • esempio: tre “scene” (torre di fumo, il campo che brucia, la cicca buttata) vengono viste appunto come tre scene separate, non si avverte la consecutio tra di loro
  • anche il linguaggio riflette questi aspetti: le frasi sono o cumuli di “aggettivi” e “aggettivi nominali” o di avverbi (“sono andato sulla luna” = “soffio-luce-pallido-veleggiante-cielo-movimentato-io-cosa-uomo”)
  • come si nota, non esiste un vero concetto del “tempo”: esiste un prima o un dopo, ma di fatto ogni azione (o meglio, “pensiero”) esiste contemporaneamente (in questo possiamo andare a darci una letta a Eliott e a Joyce) nel momento in cui è pensata/fatta
  • i ricordi del tempo passato non hanno un grande senso: anzi, possono essere inventati con molta disinvoltura
  • possono esistere addirittura “oggetti”1 che non esistevano e che nascono per convinzioni diffuse o ripetute. Ad esempio si può fare uno scavo archeologico dove non c'è nulla, ma dire a chi lo fa che “si pensa vi fossero antiche tombe” ed è probabile che effettivamente vengano trovati oggetti, come una maschera d'oro, un busto di pietra... che dipendono dalle aspettative di chi cerca, non da cosa c'è. In questo senso la storia può essere riscritta. Ovviamente questi “oggetti ideali” possono a loro volta ispirare altri “oggetti ideali” in una catena lunghissima...
  • questo, che non è altro se non “creare storie”, può prendere piede nella realtà e modificarla, tanto che alla fine del racconto Tlon è così reale che ha preso il posto della storia che conosciamo
Partendo da queste cose, ma per lo più per i concetti, il modo di pensare (cioè, il modo di capire come altre razze e altri mondi possono interpretare filosofia, comportamenti, realtà ecc), io mi pongo:
  • la dicotomia che deve esserci, anche per fini sia di trama, sia “moralistici” (non morale all'Esopo, ma nel senso di “senso della storia”) tra umani (estinti) e questo mondo
  • le creature fatate, sebbene guerreggino, amino, vivano e muoiano come gli umani, hanno però un concetto differente dell'universo: e qui non scadiamo nel patetico solito “buonismo del buon selvaggio” o “questi vivono rispettando la natura”, ma un confronto più radicale, tra il pensiero scientifico dell'uomo e il pensiero idealista delle creature non umane
  • come farlo è difficile, per due motivi: a) si rischia di diventare intellettualoidi, e bisogna invece tenersi dentro a canoni di letteratura d'evasione b) i motori delle azioni sono di solito: desiderio, vendetta, amore... se i fatati non la pensassero così, ma per esempio, si confrontassero su concetti inconcepibili, sarebbe un disastro
  • perciò il moti dell'animo saranno più o meno gli stessi, ma saranno i concetti di pensiero ad essere diversi (senza però scadere nel distopico/utopistico o semplicemente “il contrario di un uomo”)
  • facciamo qualche esempio: è accettabile la guerra come mezzo di espansione o di sfogo di dinamiche sociali interne, ma esistono concetti come l'onore della schiatta, la tradizione ecc, visto che non c'è un vero concetto del tempo? E le armi, la magia, insomma, ogni tipo di tecnica (anche artigianale) è concepibile ed esplicabile, senza il nostro metodo scientifico? L'idealismo porterebbe a un ristagno, a filosofi nudi che corrono nei boschi, o a un modo diverso di produrre il “necessario per vivere”?
  • I viventi devono vivere, infatti: se ai rapporti di causa-effetto, al metodo sperimentale, sostituiamo l'idealità, cosa otteniamo? a) un medioevo fantastico, cioè superstizioso e conforme a quello che noi ci immaginiamo fosse il medioevo? b) un'altra cosa?
  • Ho già parlato sopra dell'umanesimo, di come il “punto di vista” cambiasse la realtà (certo, la gente moriva di fame, il sole sorge e tramonta ogni giorno, ma non intendo questo tipo di “realtà”, ovviamente); nel “tramonto del medioevo”, quindi poco prima, c'era un'altra visione, che riassumiamo in “ludico-cavalleresca”. Questa visione informava di sé così fortemente l'uomo e la sua mente2 che quella era la realtà
  • perciò, rispondendomi da solo, se devo pensare a un mondo fantasy come quello che ho in mente, dove l'uomo è sostanzialmente estinto, la realtà dell'universo sarà geneticamente diversa dal nostro
  • il fantastico (e il fantasy) non sono dunque un tentativo di creare un mondo diverso (di farsi DIO), dove il punto di vista sopravanza totalmente la realtà? O meglio, dove la realtà ha così poca voce in capitolo da non riuscire a venire da dietro, toccarti la spalla e dirti “ehi, guarda che i cavalieri sono solo un ideale... nessuno salva le contadine in pericolo! E sono tutte dei cessi senza denti con la pellagra!”
  • (apro una parentesi: in questo senso le carrettate di realismo che a ondate cicliche si vanno inserendo nel fantasy [ciclico, perchè non è che Martin nasce dal nulla] è una specie di “ancora”: una colla che cerca di tenere vicino al “verosimile” questo punto di vista, perchè non vada troppo alla deriva... a non tutti piace, infatti, la “fantasticheria”. Anche se il concetto non è tanto da vedersi nella quantità di verosimiglianza [= vicinanza con esperienze/cose reali], ma quanto invece nella coerenza...)
  • Borges, illustrando Tlon, infatti, fa riferimento, almeno 800 volte, al concetto della “estrema coerenza di questo mondo, in tutte le sue parti”
  • Borges, poi, senza saperlo, in un certo senso prefigurava qualcosa che noi adesso possediamo: lui pensava a un'enciclopedia ideata da geni e sapienti di ogni scibile umano, nell'ombra, di generazione in generazione, che costruisse un mondo immaginario, ma vivo, il quale poi si sarebbe inserito come una sovrastruttura sul nostro mondo, fino forse, a soppiantarlo... vari “oggetti di Tlon” cominciavano a comparire sul serio (costruiti da amanti di Tlon? O generati dalla semplice possibilità che questo mondo potesse esistere?). Ma noi oggi abbiamo internet, o, per estensione, il “mondo virtuale”, che di fatto è: a) creato da noi b) vive ormai di vita propria c) crea a sua volta “oggetti ideali” nella nostra realtà, condizionandoci... e da questi condizionamento noi creiamo altri oggetti “virtuali” che poi finiscono in internet e da qui tornano fuori d) abbiamo creato cose come Hatsune Miku
  • quindi mi sta venendo in mente un'idea pericolosa: la gente del '400 si “inventava” l'ideale cavalleresco per poter vivere in un mondo “brutto”, noi ora non facciamo diversamente (anche se siamo molto più dispersivi e non crediamo più a teorie unificatrici... o meglio, a noi manca DIO, che era il collante da cui tutti derivava e in cui tutto si riassumeva [e lo rimaneva anche per un umanista]). Quello che ha disegnato, in maniera chiamiamola “ingenua”, Sword Art Online... è una prefigurazione del futuro? Del monto fittizio che prende definitivamente il sopravvento sulla realtà? Ma, come detto sopra, che cos'è la realtà, se non una finzione a sua volta?
  • (altra parentesi: quello che sta succedendo al concetto di “libro” è ben lungi da un banale passaggio a un nuovo media [mi riferisco agli e-book], è qualcosa di molto più profondo di cui nemmeno Steve Jobs ha capito profondamente il cambiamento. E il libro è stato per secoli [dal tempo dei monasteri, perchè prima era un Volumen, un rotolo, con caratteri e funzioni in parte diverse...] la base del pensiero occidentale. Non solo come “oggetto su cui si scrive e che si usa per tramandare il sapere”; ma anche come “concetto(filosofia, teoria delle idee, Freud e Jung)”. Il fatto che subisca un radicale cambiamento non è certamente privo di ripercussioni. Ma qui mi taccio...)
  • Però torniamo al libro (il mio, intendo): voglio creare una “filosofia” alternativa nei non-umani, che abbia come caratteristiche: a) sia riconoscibile come diversa b) non banale c) abbia qualche elemento deficitario: non sia cioè un'utopia d) l'eventuale componente data dalla mente umana possa essere un innesto “positivo”
  • di fatto, la sola componente che questo sia un mondo fantasy con arpie e centauri, è già di per sé una visione della realtà diversa... molto spesso il “giochetto” nei libri fantasy è il seguente: a) contadini, o nobili, quello che è... si ha nozione di un mondo “diverso”, ma di fatto i protagonisti non hanno mai visto un fauno b) non credono all'esistenza degli orchi, mettiamo, ma credono ai draghi (il che, filosoficamente, è assurdo: hanno draghi fiabeschi che girano sopra alle città ma poi si stupiscono della magia, dei lupi mannari ecc?) c) una grossa parte dell' inventio narrativa corrisponde alla scoperta del mondo fantasy assieme al lettore
  • ma se invece non solo non esistono umani (cioè, la “cosa” nella quale il lettore si identifica e che rappresenta il punto di vista “ovvio”, che consente o quasi obbliga al giochetto esplicato sopra), ma anzi le creature sono tutte “altre” e, ovviamente, tra di loro non hanno considerazioni come “la magia non esiste”, il “gigante non esiste”, ma invece “l'umano non esiste”, cosa succede?
  • (idea nemmeno originale, come si nota, perchè, di fatto, nel Signore degli Anelli e ancora di più ne Lo Hobbit, i protagonisti non sono umani, ma, Hobbit...e parte del fascino del libro è proprio in questo: non esiste la “sospensione” della credulità, perchè noi respiriamo insieme a quei personaggi quello che è il loro mondo, non siamo, in parte anacronisticamente [o meglio, in modo “ironico”, nell'accezione greca del termine], gente che pensa come nella Terra del 2000 che si deve confrontare con un mondo fantasy [la posizione, in fondo “facile”, di chi scrive avvicinandosi al lettore, uomo del 2000, a cui cerca di far “scoprire” il fantastico]. Non cito neppure, poi, le infinite letterature basate su Marte, vero e proprio “mondo gemello della Terra”, ma del tutto diverso, dove sono invariabilmente i terrestri a essere l'elemento minoritario ed estraneo)
  • come detto abbiamo già ottenuto un diverso modo di pensiero, che informa e cambia la realtà
  • se nel mio mondo esistono umani, questi sono visti come “barbari” proprio perchè, oltre a vivere “nelle caverne”, ragionano da uomini: si costruiscono gli attrezzi, cercano una causa alle cose (la “causa-effetto” di cui sopra, che non necessariamente sfocia in scienza, ma a livello base, in “magia” [vedi Frazer]), di fronte a un problema cercano una soluzione basata sull'esperienza e sulla prova-errore... i fatati invece hanno caratteri fisici che li portano a non porsi nemmeno certi problemi (le arpie volano, non sono ancorate a terra, un uomo-ragno si arrampica sul soffitto, oltre al fattore “psicologico” di avere otto zampe, che da umano non posso nemmeno immaginare), molti respirano magia come un pesce “respira” acqua (magia che non è quella dell'uomo, cioè dovuta alla ricerca di una causa, ma “magia del fare”, che se ne frega probabilmente anche delle leggi della conservazione della materia), non cercano la soluzione dei problemi nell'esperienza, perchè l'esperienza presuppone qualcosa di accaduto prima, ma per essi il “prima” diventa subito storia, mito, concetto. E' semmai una riserva di “visioni poetiche”, più che una “maestra dal passato” (d'altronde esseri che usano la volontà per creare... che cosa se ne fanno delle prove e degli errori?)
  • ciò non toglie che i fatati non conoscano dolore, angoscia, amore e morte
  • e che non abbiamo gli stessi sentimenti (desiderio, ira) degli uomini
  • mettiamola così: i fatati sono quello che sarebbe l'uomo se gli “ideali” avessero preso il sopravvento sulla realtà
  • ma non per questo sono cessate la guerra, la fame, le differenze sociali, la sofferenza... probabilmente i fatati non cercheranno tanto una “soluzione” in una causa primigenia (un peccato originale, un Dio generatore), ma quanto nel “adesso/ora” di una “consolazione” immediata. Di qui quello che noi uomini potremmo chiamare “a-moralità”, spietatezza o quel che si vuole: se il mio unico orizzonte è l'adesso, perchè non soddisfare i miei bisogni ora, e fine?
  • Di conseguenza immagino che i fatati siano molto più bellicosi, capricciosi e tutto quello che si vuole di noi umani
  • distruggono con la rapidità con cui costruiscono
  • sarebbe come trovarsi perennemente nel maelstrom delle invasioni barbariche: gente che corre di qua e di là facendo sempre guerra (e immagino che se tra di noi, che siamo tutti la stessa razza, il massacro è sempre stato facilissimo, non vedo come non potrebbe essere peggio tra razze diverse, tra sirene che abitano in mare e salamandre fatte di fuoco, tanto per fare un esempio...)
  • probabilmente gli umani erano l'unica cosa che regolamentava, in un certo senso, questo caos, proprio per il loro modo di pensare: ma decaduti questi... o forse i fatati conservano una specie di nostalgia per questo “ordine”, e i loro Regni e dinastie, per quel poco che durano, sono eco di quel mondo? Quindi, in un gioco di specchi, l'ideale (il mondo dei fatati) che ha soppiantato la realtà, a sua volta sogna un altro ideale (il mondo degli uomini)?
1 Perchè la realtà dipende dai “concetti”, o meglio, il modo di vedere degli abitanti è di questo tipo: facciamo un esempio... il concetto di prospettiva degli artisti dell'umanesimo e del rinascimento non era un semplice ritrovare misure e metro dell'uomo e della natura nella matematica, come che l'uomo si adeguasse a regole che erano proporzioni e numeri... è la natura e la realtà che sono imbrigliate, sagomate, “decifrate” [nel senso proprio del termine] secondo la visione dell'uomo.

2 E di fatto, che cos'è la realtà se non quello che vede e pensa l'uomo? Dopotutto siamo l'unica entità pensante presente: se ci fossero, mettiamo, solo conigli e sparvieri, gli uni mangerebbero carote, ma non penserebbero a capire da dove vengono le carote, e gli altri mangerebbero conigli, ma non si porrebbero il problema di dove sorge il vento che li sostiene... quindi non ci sono punti di vista, e forse, estremizzando, non esisterebbe nemmeno la realtà.