sabato 24 aprile 2010

Weekly Update 5

Eccoci ancora qui! Oggi si parla del capitolo 34 "La porta misteriosa". Non rivelerò di quale "porta misteriosa" si parli, in quanto al momento non è molto importante in sè; infatti il discorso su questo "magico oggetto" serve principalmente a far tornare indietro nel tempo con la memoria Sendo, e mostrarci qualche minuto di Dorothy.
Questi vecchi ricordi servono naturalmente a dare corpo e spessore alla storia, alle reazioni dei personaggi, introdurre, con anticipo, senza realmente parlarne, un elemento che servirà moltissimo successivamente (la "porta", no?) e si legano tematicamente al capitolo precedente.
Nella discussione della settimana precedente avevo puntato l'attenzione sul ruolo/funzione della nonna, che serviva da motore della storia: motore non solo di azioni, ma anche di sviluppo interiore. All'inizio di questo capitolo vediamo invece un Sendo ancora bloccato nel suo agire. Infatti non è ancora in grado di decidere nè di impegnarsi, soprattutto, nello spaccato di memorie, lo vediamo intento a vagheggiare un tempo infantile "dove tutto era magico". Dorothy gli obbietta che adesso si trova all'Accademia della magia... dove trovare un luogo più magico?! Ma lui non intendete "magia" in senso stretto. Ora, all'Accademia, soffre per le discriminazioni, si sente un pesce fuori dall'acqua... è precisamente il periodo dell'infanzia quello nel quale sapeva di essere sè stesso... dove la magia della scoperta di un mondo che non conosceva ancora era tutto, era il suo orizzonte... quindi Sendo è ancora fermo: non ha realmente camminato avanti per ritrovare sè stesso. Il "sè" adulto di oggi non si riconosce nel mondo, nelle azioni, nel modo di ragionare, negli eventi di ciò che lo circonda. Non lo sente come suo questo mondo.
Perchè non è riuscito a crescere? In realtà non penso sia male "sentirsi estranei" a un mondo "folle", a un mondo contorto e mai pulito, a rapporti interpersonali corrotti... è lecito, penso, sentirsi "diversi" se quello che ci circonda non risponde a quello che sentiamo. Il ritorno all'infanzia, a un momento cioè che ci appare libero e autentico, più semplice da comprendere, è molte volte quasi automatico. Questo discorso ha almeno un antecedente letterario importante: nel racconto La Chiave d'Argento di Lovecraft il personaggio torna all'infanzia (e al Sogno, si badi bene!) tramite un oggetto magico. Lovecraft venne molto criticato per questo racconto perchè non presentava il progresso positivista (che già allora scricchiolava, comunque: siamo nel 1926) di un uomo che, crescendo, ottiene il suo posto nella società come contributore al benessere comune, metteva su famiglia ecc. (vedi Dickens), ma tutto il contrario, la figura di un uomo adulto che cerca la sua realizzazione nell'infanzia, nell'irrazionale, nella "fuga dalla realtà" (che poi sia una "fuga" o meno, è da vedersi: fuggire nel Sogno, dal punto di vista del mio libro, non lo sarebbe senz'altro! Vedi la weekly update numero 3!).
Memore di questo precedente (ma ce ne sarebbero molti altri) non intendo dire che Sendo dovrebbe accettarsi nel suo sè odierno, per essere inquadrato nella società e produrre, invece di fuggire nell'irrazionale; infatti la completa e supina aderenza a una società solo apparente e gretta mi rifugge assolutamente (vedi infatti nel volume 0, la parte nel primo capitolo al manicomio; il dr Whitehouse sostiene che "questi pazzi devono essere ricondotti alla società per essere mariti, lavoratori ecc." perchè la loro follia non è una malattia, ma un fatto sociale, per lui è una ribellione all'ordine costituito!), quello che voglio dire è che il ritorno a un passato che NON RITORNA è altrettanto sbagliato, è come mettere la testa sotto la sabbia per non vedere. Quello che è necessario è ricomporre l'uomo di prima, l'uomo dell'infanzia sognante, con l'uomo di adesso: vivere nel presente, non nel passato, ma vivere consapevolmente. E solo nel Sogno l'uomo può trovare sè stesso.
Infine una nota di "colore": più avanti nel capitolo si parla di tutt'altro. Si vedono gli sgangherati tentativi di Alice e co. di venire incontro alle richieste della nonna, producendo un grande disastro. Oltre al alto comico presente in tutto questo, vorrei far notare un elemento stilistico. Ovvero il richiamo al mondo marino. Cosa centra il mondo marino, direte voi? Nulla, siamo all'asciutto infatti, solidamente dentro alla Torre di Ehuresya. La descrizione tuttavia del disastro magico occorso è stata pareggiata con descrizioni di ambienti acquatici; mi spiego: le similitudini e le metafore che descrivono la situazione creata dall'uso contemporaneo e scriteriato dei poteri di Alice e Ayane sono tutte state prese da esempi marini, arrivando a paragonare il salotto allagato a una "laguna tropicale". Questo secondo me rende bene l'idea del Tomotomopoppin: metafore colorite che richiamano elementi assurdi in un dato contesto, e che cambiano completamente la realtà tangibile, riproponendola fortemente distorta su di un altro piano, insomma, ri-proiettandola, attraverso un filtro (la chiave metaforica, in questo caso "il mare"), in maniera tale da ottenere un quadro fortemente diverso da quello originale. Anche in questo caso sono uso a mettere, qualche pagina prima, "prefigurazioni" di quello che voglio fare: infatti, mentre ancora la situazione è "normale", e mentre Alice e co. sono ancora prese nelle pulizie della torre della nonna, ho inserito diversi elementi "nautici" e marini, come il lampadario costruito con un grande timone e il pavimento tanto sporco da sembrare il dorso di una balena incrostrato di mitili.